Dagli anni 90 ad oggi - ANA Gruppo Alpini di Novara

IL CUORE PER AMARE E LE BRACCIA PER LAVORARE
GLI ALPINI ARRIVANO A PIEDI LA DOVE GIUNGE SOLTANTO LA FEDE ALATA
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Gli anni novanta
Oggi le truppe alpine, rinnovate nella struttura e nei ruoli da svolgere, sono uno strumento non solo al servizio e per la difesa del nostro paese ma anche “garanti” dell’ordine, della sicurezza e stabilità internazionale.
Mozambico nel 1993-94, L’era degli interventi umanitari e di mantenimento della pace (peace-keeping), oltre i confini nazionali si è aperta nei primi anni novanta del secolo passato con l’intervento in Kurdistan, nel maggio 1991, (con l’operazione Airone), a protezione dei Curdi minacciati dal governo di Bagdad, ma ha registrato un rilevante e qualificante impegno in devastato da 16 anni di guerra civile (con l’operazione Albatros), dove gli alpini hanno svolto brillantemente una difficile missione di pacificazione a rischio della loro vita.
Dopo 57 anni, gli alpini delle Brigate Taurinense e Julia e i paracadutisti della Compagnia alpini paracadutisti Monte Cervino e da un reparto dell’aviazione leggera dell’Esercito, per la quarta volta sono ritornati in Africa, in Mozambico, questa volta non per fare la guerra ma per svolgere una missione di pace per conto dell’ONU e, operando con grande professionalità e dedizione, hanno contribuito a spegnere i focolai di conflittualità interni iniziati nel 1975 ed a creare una situazione di normalità.
Da allora le Penne Nere hanno partecipato a numerose missioni internazionali di pace fra le quali è doveroso ricordare le missioni di peacekeeping in Libano (missioni "Libano 1" e "Libano 2" tra il 1982 e 1984) e Albania (KFOR 1993, Alba 1997 e AFOR1999), l'operazione "Provide Comfort" nel Kurdistan iracheno al termine della guerra del Golfo, l'operazione "Onumoz" nel 1993/'94 con le brigate Taurinense e Julia inquadrate nel contingente "Albatros" in Mozambico e le missioni per il mantenimento della pace in Bosnia (operazione "Joint Guard" e operazione "Constant Guard" 1997/1998). Dalla fine degli anni novanta gli alpini hanno visto il loro impegno in Kosovo (OSCE/KVM 1998/'99) dopo l'intervento della NATO e il ritiro dell'esercito serbo, e in Afghanistan (dal 2002 missione "Nibbio", operazione "Enduring Freedom" e "ISAF"). Questi sono i principali teatri che hanno visto operare le penne nere a cavallo tra il novecento e gli anni duemila; se da un lato ciò ha permesso di apprezzare gli Alpini a livello internazionale, dall'altro ha comportato la riduzione dell'addestramento prettamente alpino a favore di una versatilità d'impiego su ogni teatro mondiale.
Dal duemila ad oggi
A partire dal marzo 2002 il Comando Truppe Alpine ha assicurato una consistente partecipazione delle proprie unità in Afghanistan alle Operazioni "ISAF" (Forza di Sicurezza e Assistenza Internazionale) e “Enduring Freedom”. Dal 2004 al 2006 un reparto del 4° Reggimento Alpini paracadutisti ha partecipato in Iraq all’Operazione “Antica Babilonia” (si trattava di un plotone di alpini del Battaglione paracadutisti Monte Cervino) e dall’inizio del 2007, il generale degli alpini Claudio Graziano, ha il comando dell’operazione “Leonte” in Libano, la forza multinazionale delle Nazioni Unite.
Un altro importante impegno operativo al quale hanno partecipato gli alpini, assieme ad altri reparti dell’Esercito, è l’Operazione “DOMINO” che interessava la vigilanza di punti sensibili sul territorio nazionale nel quadro della lotta contro il terrorismo islamico.
Nel corso di tutte le operazioni, anche le più recenti e rischiose, i soldati italiani dal comandante fino all’ultimo gregario, hanno tenuto un comportamento fermo, corretto, imparziale, rispettoso delle tradizioni dei popoli e favorevole al dialogo piuttosto che allo scontro.
E proprio questo tipo di agire è stata la chiave del successo di molte missioni umanitarie. I militari italiani, e in particolare gli alpini, durante le varie missioni di pace e umanitarie nei teatri operativi hanno dimostrato di essere prima uomini e poi soldati. Essere prima uomini, seppure con un’arma in mano, significa condividere le sofferenze, alleviarle, offrire solidarietà, restituire il rispetto non dimenticando il compito che deve essere comunque portato a termine. Significativa la partecipazione degli alpini, in concorso con le Forze di Polizia, per la salvaguardia delle libere istituzioni, in Sicilia, Sardegna, Calabria e Campania, contributi molto validi per dare più sicurezza a quelle popolazioni fortemente condizionate dalla malavita organizzata.
A tal proposito si ricorda l’operazione “Vespri Siciliani” durata dal luglio 1992 al giugno 1998. Per quanto i compiti istituzionali dell’esercito non sono quelli di contrastare la criminalità, la sua presenza è stata molto sentita e apprezzata dalla popolazione.
La missione in Afghanistan
La prima aliquota di alpini inviati in Afghanistan fu una compagnia dell'allora Battaglione alpini "Monte Cervino", giunta a Kabul nel maggio 2002. Il 30 gennaio 2003 si svolse a L'Aquila la cerimonia di saluto del 9° Reggimento Alpini, che di lì a pochi giorni avrebbe rappresentato il grosso del nucleo italiano inviato in Afghanistan nell'ambito dell'operazione "Enduring Freedom". Il reggimento si stabilì a Khost a 300 chilometri a sud-est di Kabul, a rimpiazzo del contingente statunitense che aveva appena lasciato in consegna l'area. Il reggimento è parte della Brigata Taurinense, la prima ad arrivare a Kabul con quattrocento uomini con il compito di proteggere le vie d'accesso allo scalo aereo cittadino.
A partire dal 20 aprile 2010, fino all'ottobre dello stesso anno, la Taurinense ha sostituito la Brigata meccanizzata "Sassari" alla testa del "Regional Command West" di Herat, il comando NATO responsabile della parte ovest dell'Afghanistan, e ha schierato progressivamente tutti i suoi reparti: i reggimenti di fanteria alpina (il 2° di Cuneo guidato dal colonnello Massimo Biagini, il 3° di Pinerolo agli ordini del colonnello Giulio Lucia e il 9° dell'Aquila sotto il comando del colonnello Franco Federici), i genieri del 32° reggimento di stanza a Torino comandati dal tenente colonnello Luca Bajata e anche il 1° reggimento artiglieria da montagna di Fossano agli ordini del colonnello Emmanuele Aresu. Quest'ultimo reparto è stato impiegato soprattutto in supporto del "Provincial Reconstruction Team" di Herat, una struttura militare impegnata nella ricostruzione civile di quella provincia.
In seguito altri reggimenti di alpini, anche non appartenenti alla Taurinense, hanno prestato servizio in Afghanistan, tra cui il 5°, il 7° e l'8°.
Il 3° Reggimento alpini è stato in Afghanistan dal 3 settembre 2002 al 18 gennaio 2003, ritornandovi poi al comando del colonnello Lucio Gatti e rientrando in Italia, dopo sei mesi di attività, il 19 maggio 2009. In questi sei mesi sono state addestrate le forze di sicurezza afghane e, nelle valli a sud di Kabul, si sono completate due scuole, costruita da zero una struttura per la riunione dei consigli tribali e attrezzati alcuni villaggi con materiale didattico per l'istruzione e utensili per l'agricoltura, oltre che con medicinali e vestiario; grazie inoltre ai fondi raccolti direttamente in Piemonte tra la popolazione o forniti dalle amministrazioni pubbliche della regione, è stato possibile ripristinare 15 km di canali di irrigazione affiancati da altrettanti pozzi per rendere disponibile ai villaggi acqua potabile.
Il 7° Reggimento alpini, al comando del colonnello Paolo Sfarra, insieme al 2° Reggimento genio guastatori e al 232° Reggimento trasmissioni, è rientrato in Italia nel febbraio 2011, dopo aver pattugliato e organizzato basi avanzate nei distretti di Bakwa, Gulistan e Purchaman, luoghi dove è stata ricostruita una scuola femminile, pavimentata una piazza e un bazar, restaurata una moschea e una clinica medica, e costruiti pozzi per l'acqua.
Fin dai primi mesi di missione in Afghanistan gli alpini hanno subito diverse perdite dovute a ordigni improvvisati e mine terrestri dirette ai convogli con cui le forze militari si spostano nel territorio.
Al 4 aprile 2011, quando la brigata Julia è stata rilevata dalla Brigata paracadutisti "Folgore", gli Alpini avevano lasciato sul campo sette soldati morti (cinque vittime di mine artigianali e due uccisi in scontri a fuoco).
Addio muli, compagni fedeli di tante fatiche
Anche i muli hanno pagato la modernizzazione dell’esercito.
Schiacciati sotto il peso del progresso tecnologico sono stati mandati in pensione. La difficoltà di reperire giovani capaci di governare i muli, il sempre più sfavorevole rapporto costo-efficacia e soprattutto l’avvento dei nuovi materiali e sistemi d’arma per sostenere le nuove sfide hanno determinato la fine del mulo nei reparti alpini. L’ultimo reparto di salmerie delle Truppe Alpine, costituito da 24 muli dislocati presso la Caserma “D’Angelo” di Belluno è stato disciolto il 7 settembre 1993, i quadrupedi vennero messi in vendita all’asta. Con loro si chiude un’epoca. Gli alpini li ricorderanno sempre con affetto, orgoglio e rimpianto.
Termine della leva obbligatoria
Con la legge 23 agosto del 2004 n. 226 venne decretata la sospensione del servizio militare a partire dal 1° gennaio 2005 e con essa la coscrizione obbligatoria.
La sospensione della leva obbligatoria ha determinato la fine del reclutamento regionale e dal 2005 gli alpini vengono reclutati su tutto il territorio nazionale
Con la sospensione totale della leva a favore di un esercito interamente professionale e volontario, gli alpini, dopo 135 anni di storia gloriosa, corrono il rischio di perdere la loro caratteristica principale – ossia “l’alpinità” – che principalmente nasce dalla coscrizione obbligatoria su base regionale (il che assicura un fortissimo legame interpersonale e una preziosa intesa al volo) e dal retroterra alpinistico maturato nelle consuetudini quotidiane dei singoli componenti.
In quel ambiente spesso viene messo a dura prova la saldezza fisica e morale del montanaro: la neve, l’asprezza delle forme, la distanza dai centri abitati, la scarsità delle risorse, la fatica, moltiplicano le difficoltà promuovendo la maturazione e la crescita fisica e morale del montanaro.
Elementi molto difficili da ottenere da truppe formate su base professionistica se non si insisterà a irrobustire lo spirito alpino. Con l’abolizione del criterio di reclutamento regionale che, come è noto, fu alla base della costituzione delle Truppe Alpine, si teme che in futuro non sarà più possibile avere reparti con un alto contenuto spirituale, coscientemente motivati e ricchi di quella antica cultura montanara che ha felicemente concorso a dare l’impronta all’uomo “alpino”.
Non dobbiamo dimenticare che la leva, per oltre 140 anni, ha svolto per il nostro Paese un importante ruolo di unificazione nazionale e di progresso: ha educato milioni di giovani alla vita, ha insegnato loro a parlare la stessa lingua, ad affrontare sacrifici e fatiche, a prendere atto che oltre ai diritti ci sono anche i doveri da adempiere, a comprendere cosa vuol dire disciplina, senso di responsabilità, rispetto verso il prossimo e amore di Patria.
Enorme è stato il contributo dato dalle Forze Armate alla comunità nazionale in termini di educazione morale, culturale, fisica e sanitaria. Quei giovani di leva “non professionisti” hanno fatto l’Italia Unita, hanno combattuto tutte le guerre da quella d’Indipendenza sino alla Seconda Guerra Mondiale comportandosi sempre con coraggio e dignità.
Moltissimi caddero eroicamente fra le trincee per servire la Patria. Per quanto riguarda il servizio di leva, esso è stato sospeso in considerazione che in futuro potrà essere attivato per possibili esigenze di mobilitazione.
Il momento storico attuale è assai difficile, caratterizzato da laceranti conflitti locali, da tensioni politiche, economiche e sociali di vasta portata che mettono ogni giorno a repentaglio la pace e la libertà. In questa epoca particolare, dove la società sembra aver perso i valori e i riferimenti essenziali della vita, dove i crocifissi vengono tolti dalle aule scolastiche dimenticando che il cristianesimo è uno dei pilastri fondanti della cultura europea, in un’epoca nella quale si disprezza la vita, si contesta la famiglia tradizionale, dove l’inno di Mameli e la nostra bandiera vengono spesso disprezzati e offesi, gli Alpini continuano ad essere un modello di vita semplice ed onesto, instancabili nell’impegno di salvaguardare e difendere i valori di civiltà che il nostro amato Tricolore rappresenta.
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